2014-07-05 13:25:00

Caschi blu: budget record dell'Onu nel 2014-2015


È un budget record quello di quest’anno per le missioni di pace delle Nazioni Unite: le stime Onu parlano di 8,6 miliardi di dollari fino a giugno 2015. Cresceranno soprattutto le indennità per i Paesi che forniscono le truppe, tra cui spiccano India, Pakistan e Bangladesh, sostenuti in questa richiesta anche dalla Cina. Il contrasto con i grandi finanziatori - Stati Uniti, Unione Europea e Giappone – aveva provocato un temporaneo rinvio dell’approvazione del piano, ma ha anche un significato politico. Lo spiega, nell’intervista di Davide Maggiore, Arduino Paniccia, docente di Studi strategici dell’Università di Trieste:

R. – E’ una tendenza in atto, ormai dagli anni ‘90, soprattutto da quando la Cina ha deciso di entrare a far parte operativamente delle operazioni e di creare un proprio contingente. Una decisione che, sostanzialmente, ha dato una svolta all’intera componente asiatica. Questo, naturalmente, non significa che la Cina partecipi con un numero enorme di soldati e poliziotti, ma l’Asia vuole partecipare di più e contare di più all’interno delle operazioni di peacekeeping e all’interno delle Nazioni Unite stesse.

D. – L’Asia comincia a cercare di dettare alcune condizioni all’Occidente e al Nord del mondo?

R. – Sì, anche perché l’equilibrio delle forze viene sbilanciato dal fatto che notoriamente gli Stati Uniti – per loro dottrina – non mettono mai i loro soldati alle dipendenze di comandi esterni, mantengono sempre a latere un loro comando che comunque controlla in qualche modo quello che viene compiuto anche nelle operazioni congiunte. La più grande super potenza occidentale non partecipa: è naturale che l’equilibrio si sposterà verso l’Asia se le cose resteranno così e se si ridurrà la partecipazione - sempre di più per motivi economici e di difficoltà di contribuzione - dei Paesi europei che sono stati in prima linea.

D. – Altro elemento rilevante, però, è che per raggiungere un accordo c’è voluto più tempo del previsto. È anche un segnale di debolezza dell’Onu...

R. – Certo ci sono molti punti di debolezza in tutta la vicenda delle operazioni a supporto della pace, soprattutto su tre ordini: sulle competenze della preparazione dove l’Asia, per altro, ancora deve fare – nonostante gli sforzi cinesi – grandissimi passi avanti; sul fatto che le risorse sono sempre scarse e sulla rapidità. La rapidità delle decisioni è stato sempre uno dei punti più deboli della vicenda del peacekeeping, ha provocato in alcuni momenti gravissimi problemi. Se non si risolve soprattutto il problema della rapidità delle decisioni, del consenso e, secondo me, anche delle competenze della preparazione, certamente si corre il rischio di inficiare tutto il mondo del peacekeeping.

D. – Arriviamo quindi al nodo dei veti politici e dei limiti che spesso sono imposti ai mandati di queste missioni. Insomma, il problema a monte non è solo una questione di finanziamenti e fondi...

R. – Al di là delle cifre e al di là di quello che è lo stato attuale delle operazioni, il Consiglio di Sicurezza e la partecipazione alle operazioni stesse sono una sorta di palcoscenico mondiale nel quale le nazioni fanno a gara anche per mettersi in evidenza, talvolta - incredibilmente e paradossalmente – per mostrare i muscoli proprio in vicinanza delle operazioni di pace. Sicuramente, negli ultimi anni lo scontro tra potenze si è acuito e non può che riverberarsi all’interno del Consiglio di Sicurezza e quindi, di tutte le operazioni delle Nazioni Unite. È chiaro che è in atto ormai un braccio di ferro tra Stati Uniti e Federazione russa ed è chiaro che in questo momento la Federazione russa – che ha oscillato cercando di capire quale poteva essere il rapporto con l‘Unione Europea – si è ritirata ed è entrata a pieno titolo nel fronte euro-asiatico. L’equilibrio si è così sbilanciato a favore dell’Asia. Di questo sbilanciamento bisogna tener conto, poiché durerà abbastanza nei prossimi anni. Certamente gli equilibri all’interno delle Nazioni Unite e quindi in tutte le operazioni delle Nazioni Unite, comprese quelle di peacekeeping, sono assolutamente alterati. 








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